Più tempo per capire, più informazioni e più empatia nelle breast unit degli ospedali. Questi i desideri delle pazienti che hanno partecipato al Padova Breast Meeting – Updates in Chirurgia Oncoplastica della Mammella, edizione 2021. L’incontro, rivolto alla rete di specialisti della chirurgia oncologica veneta, ha aperto le porte anche alla partecipazione delle donne, in rappresentanza di alcune associazioni che operano sul territorio, che hanno detto la loro fornendo contributi preziosi sul fronte delle terapie e della vita fuori dai nosocomi.
Le abbiamo intervistate
“Partecipare ad un congresso di specialisti è un grande passo nel condividere aspetti che spesso sono troppo distanti e spero sia l’inizio di una maggiore apertura verso lo scambio di informazioni reciproche, – racconta Cristina Vaccario, responsabile di U.G.O., Unite Gareggiamo Ovunque, di Padova. – Dragon Boat è una disciplina sportiva formata da donne operate di tumore con la mission di promuovere e diffondere i benefici dell’attività fisica, i valori dello sport e la ricerca della salute psico-fisica“.
“Montiamo sul dragon boat in venti e voghiamo a ritmi identici, scanditi dal tamburino, tutte insieme altrimenti si faticherebbe troppo. L’unione fa la nostra forza. Abbiamo iniziato questo sport grazie ad un progetto dedicato al linfedema, che spesso colpisce chi ha subito l’asportazione dei linfonodi, messo a punto dall’Istituto Oncologico Veneto e che è durato 3 mesi. Purtroppo il loro sostegno è durato poco e abbiamo continuato per conto nostro, anche sostenendo i costi. Vogare è un ausilio per recuperare salute, non è pericoloso dopo il tumore come invece ancora oggi qualcuno pensa”.
“Abbiamo bisogno di tempo per capire e fare scelte consapevoli, – afferma Anna Donegà, Presidente di ‘La volontà di vivere’, associazione che eroga servizi di sostegno e riabilitazione a circa 200 donne su Padova e provincia. – L’invito a partecipare in rappresentanza delle pazienti a questo congresso medico è per noi un importante segnale verso quella umanizzazione delle cure necessaria affinché le donne si sentano coinvolte e sostenute.
Mi auguro che sia l ‘inizio di una serie di spazi ritagliati per le associazioni all’interno di convegni e meeting che fino ad oggi si sono svolti a porte chiuse”.
L’associazione reclama più tempo per pensare, per informarsi e fare le scelte migliori sul fronte della ricostruzione mammaria, seppure l’Italia non sia tutta uguale e ci sono anche donne costrette ad attendere per forza e, ancora oggi, perfino rinunciare al proprio seno.
“Al congresso i medici parlano di tempi accorciati per la ricostruzione grazie alle migliori tecniche di chirurgia plastica, – precisa Donegà.
“Ottime notizie, ci sono molte pazienti che vogliono chiudere subito la ferita aperta dal tumore. Ci sono però anche altre donne che non sono pronte fin da subito. Magari non è psicologicamente il momento migliore per decidere, così magari si preferisce l’espansore mammario e si attende. Alcune hanno bisogno di più tempo per capire e fare scelte migliori.
Ci vuole un compromesso e anche le cicatrici possono svolgere un ruolo importante nel superamento della malattia. Può capitare che si entri nel percorso terapeutico e ci si chieda ‘ma l’ho deciso io?’. Dateci tempo”.
Che la partecipazione delle associazioni ai congressi medici diventi una nuova e bella abitudine è anche il desiderio espresso da Marina Franceschi di Run For Iov, progetto di Ryla Onlus, gruppo composto da donne con alle spalle una storia di tumore al seno, medici e personale sanitario dell’Istituto Oncologico Veneto, uniti per raccogliere fondi per l’Istituto oncologico.
“Invitare al congresso le rappresentanti di gruppi di pazienti e dare loro voce è una scelta meravigliosa. Invito medici e ricercatori a continuare perché siamo un cluster interessantissimo per il loro operato. E per noi ascoltare le sessioni del convengo di Padova, per esempio, è stato anche venire a conoscenza di ricerche e metodologie delle quali magari avevamo sentito parlare ma non in modo così esaustivo. Ora possiamo riferirle alle altre donne”.
Le 3 squadre di runner che compongono il gruppo ha partecipato a diverse maratone. “Mai pensavo di poter correre per 42 km, invece la corsa è un percorso terapeutico per superare il post intervento che è molto difficoltoso. Infatti se la malattia è angosciante, tutto ciò che accade dopo se hai la fortuna di superarla, è un percorso duro e carico di ansia che resta per il timore di riammalarsi. Mettere tutto in un cassetto è impossibile.
La corsa depotenzia l’ansia e l’allenamento dà una nuova prospettiva di vita nel lungo periodo,” conclude Marina Franceschi.
“È la prima volta che mi invitato ad un congresso di specialisti e questo spero significhi che qualcosa sta cambiando, – commenta Valentina Ruble, autrice di diversi romanzi, molto seguita sui social e fondatrice del Progetto 29 Giorni (le info sui profili social di Valentina Ruble, #progetto29giorni), attraverso il quale informa e raccoglie fondi a favore dei test genetici per la prevenzione contro il tumore al seno e all’ovaio.
Con l’Aied di Venezia Valentina organizza test gratuiti per chi li richiede e al congresso di Padova ha messo sul tavolo i suoi desideri: “Invito tutti, medici inclusi, a parlare di più delle mutazioni genetiche che predispongono al tumore al seno ed all’ovaio perché questo sarà il futuro delle terapie sempre più di precisione”.
“Mi auguro che in un futuro prossimo almeno i principali test, per i geni BRCA 1 e BRCA2, rientrino negli screening di tutte le donne della penisola a partire dai 30 anni di età, insieme all’ecografia ed alla mammografia. Ad oggi invece ci sono diversi punti critici come ad esempio i paletti di accesso ospedalieri per accedere a questi test e che includono una casistica molto restrittiva di persone perdendo una buona fetta di popolazione che invece potrebbe rientrarci. Fare queste analisi aiuta anche la ricerca perché più si testa la popolazione e più si dà significato alle mutazioni che vanno ben oltre il Brca1 e 2, ad oggi infatti si conoscono almeno 40 geni coinvolti” sottolinea.
Barbara Amadori, insegnante di sostegno, laureata all’Accademia di Belle Arti di Urbino e da sempre appassionata di arte contemporanea, nel 2019 ha ricevuto la diagnosi di tumore al seno. Durante il percorso di cura ha sentito il bisogno di comunicare attraverso il linguaggio dell’arte la malattia. L’abbiamo intervistata per farci raccontare come è nata l’idea, e come è stata realizzata, della mostra ‘Arte come cura’ inaugurata a Città di Castello (Umbria) il marzo scorso ma che tornerà dal 7 al 29 maggio al Museo Casa Cajani di Gualdo Tadino. La mostra è stata realizzata grazie alla collaborazione con l’Aacc – Associazione Altotevere contro il cancro. Nella photo-gallery alcune opere delle 15 artiste che hanno partecipato.
Non solo l’affollamento di foto del ‘prima e del dopo’ intervento sui social. Beauty advisor, skin-influencer, decessi, denunce e filler iniettati online dal bagno di casa complicano il quadro. La fotografia di come la chirurgia estetica corre sui social in Italia e di quanto ci sia bisogno di una informazione più puntuale è delineata in occasione della tavola rotonda ‘L’autorevolezza social: like e curriculum a confronto’ mirata all’informazione come servizio che va oltre la pubblicità, in corso oggi a Sorrento in occasione del 9° congresso nazionale di Aicpe, Associazione italiana chirurgia plastica ed estetica. La tavola rotonda è a cura di ManiSulCuore.it
Una tavola rotonda a cura di Mani Sul Cuore nell’ambito del 9 Congresso AICPE, il 23 Aprile 2022 alle 14.30 a Sorrento, Hilton Sorrento Palace, Sala Plenaria Auditorium Sirene.
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