Si può ricostruire la mammella solo usando il proprio grasso, prelevandolo da altre parti del corpo?
Si parla tanto del lipofilling come tecnica alternativa o complementare alle protesi mammarie ma a che punto è questa metodica? È sicura dopo un tumore al seno o comporta dei rischi?
Per molto tempo ci sono stati dubbi e perplessità che hanno portato molti a considerare questo tipo di intervento ancora non sicuro. Ora nuovi dati di un ampio studio, presentati in anteprima durante il Padova Breast Meeting (che si è svolto il 10 settembre di questo anno), sembrano confermare ulteriormente la sicurezza, dal punto di vista oncologico, di questa procedura.
Per fare il punto della situazione, abbiamo intervistato Franco Bassetto, professore Ordinario presso la Clinica di Chirurgia Plastica dell’Università-Azienda Ospedaliera di Padova.
Cosa dice lo studio?
“I dubbi sul lipofilling sono stati sempre relativi alla sua sicurezza dal punto di vista oncologico, dal momento che questa procedura induce una proliferazione vascolare che in determinati tumori potrebbe essere pericolosa.
Ma grazie ai risultati di questo studio – spiega Franco Bassetto – abbiamo un’ulteriore conferma del fatto che la tecnica non è in grado di risvegliare il tumore, ma è una metodica che di certo va considerata avendo sempre ben chiaro il tipo di tumore che è stato asportato.
La nuova ricerca – precisa Bassetto, – è stata coordinata da Marco Klinger, docente di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica dell’Università degli Studi di Milano, nell’ambito del progetto Senonetwork Italia.
Sono stati coinvolti numerosi centri di senologia italiani per un totale di circa 6 mila pazienti. Quindi, possiamo dire che il campione è abbastanza significativo.
I risultati, ora in corso di revisione per essere pubblicati, mostrano come nella maggior parte dei tumori mammari il lipofilling sia sicuro. Ovviamente, avendo particolare cautela per alcuni tipi istologici e discutendo ogni singolo caso con tutti i diversi professionisti della Breast Unit. Per alcuni tipi di tumore, infatti, bisogna attendere un paio di anni dopo l’intervento”, precisa l’esperto.

Il lipofilling per rifinire una mastoplastica con protesi
In cosa consiste nello specifico questa tecnica?
“Si tratta di trasferire del tessuto adiposo, prelevato dalla paziente, in area mammaria. Nella maggior parte dei casi, è una tecnica complementare alla ricostruzione con protesi e viene utilizzata per procedure di rifinitura. Per esempio, quando il bordo di una protesi risulta visibile, – afferma Bassetto – La procedura però va eseguita a più riprese perché il grasso tende a essere riassorbito naturalmente dall’organismo”.
Il lipofilling al posto delle protesi? Pro e contro
La tecnica che impiega il grasso autologo può essere utilizzata anche come tecnica di ricostruzione totale? Può sostituire del tutto l’inserimento di protesi, per esempio? Risponde lo specialista: “In alcuni casi selezionati è possibile. Viene eseguita la ricostruzione con espansore e poi, progressivamente, viene sottratto del liquido di espansione e sostituito da tessuto adiposo fino ad arrivare al punto in cui l’espansore viene completamente rimosso e la mammella risulta costituita solo del grasso della stessa paziente. In questo modo si possono evitare le protesi ma per raggiungere il risultato definitivo ci si deve sottoporre a più interventi, perché una sola seduta di lipofilling non è sufficiente. Di per sé, infatti, è una tecnica semplice e immediata, ma va anche detto che non possiamo prevedere quanto del grasso che viene inserito, attecchirà. Questo è il motivo per cui è necessario ripetere la procedura più volte”.
“In realtà non ci sono rischi ulteriori – precisa l’esperto – con o senza le protesi il rischio più comune è che possa comparire un’infezione post intervento.”

Dalla paura all’entusiasmo
I risultati dello studio italiano (citato nei paragrafi sopra) che ha sondato la sicurezza di questa metodica sono sicuramente incoraggianti e a essere entusiaste sono soprattutto le pazienti, come racconta Marina Franceschi, socia dell’associazione Run for Iov, progetto nato in collaborazione con l’Istituto Oncologico Veneto di Padova, di cui fanno parte donne operate di tumore al seno che si dedicano alla corsa per partecipare alle più importanti maratone del mondo.
“Dal 2014, cioè l’anno in cui ho scoperto di avere il tumore, a oggi, è evidente che la ricerca abbia raggiunto traguardi sempre più importanti”, dice Franceschi.
“Per quanto riguarda il lipofilling, per esempio, ricordo che c’era molta più confusione e paura all’epoca. Oggi c’è maggiore comunicazione e informazione, ma non bisogna dimenticare che ciò che fa la differenza è il sentimento di fiducia verso i medici e tutti gli specialisti. Quando ho sentito il professor Klinger che mostrava i dati dello studio italiano, durante il Padova Breast Meeting, sono rimasta molto colpita dai risultati. E mi sono tornate in mente le parole del professor Bassetto, che ho avuto la fortuna di incontrare durante il mio percorso di cura: ‘Vedrà che fra qualche anno anche il lipofilling verrà considerato una tecnica da poter utilizzare in molti casi per l’oncoplastica’. Sembra che questo si sia avverato.
Ovviamente, come hanno sottolineato i medici, va sempre considerato il singolo tumore e la tipologia, ma avere così tanti dati che ci confermano la sicurezza di questa procedura dal punto di vista oncologico è di certo confortante e di supporto per tutte le donne che si trovano a vivere l’esperienza di un tumore al seno con i necessari interventi di mastectomia ed eventuale ricostruzione del seno”.