Quando parliamo di microbiota pensiamo automaticamente al nostro intestino, alla cosiddetta flora intestinale. Ma, secondo una recente ricerca, anche il seno ha un suo specifico microbiota. Si tratta di un campo di ricerca ancora in gran parte sconosciuto e gli studi sono in fase iniziale, ma l’ipotesi è che anche i batteri svolgano un ruolo centrale nel tumore al seno e che alcuni integratori potrebbero influenzare il nostro microbiota, contribuendo alla prevenzione del tumore al seno. Basterà quindi scegliere i nutrienti giusti? Commenta la nuova ricerca Anna Villarini, biologa e nutrizionista presso il dipartimento di Ricerca dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
La ricerca
A interessarsi all’argomento sono stati alcuni ricercatori americani della Wake Forest School of Medicine (Carolina del Nord) che già nel 2018 avevano evidenziato come la composizione del microbiota del seno fosse strettamente legata alla dieta, quindi a ciò che mangiamo. Ora, dopo diverse sperimentazioni, gli scienziati hanno pubblicato il loro studio sulla rivista Cancer Research – rivista dell’American Association for Cancer Research – e, sulla base dei risultati, sembrerebbe che una dieta ricca di grassi possa influenzare il microbiota della ghiandola mammaria ed essere associato a un aumento del rischio di tumore.

Lo studio sui topi
In un primo momento, gli esperimenti sono stati condotti sui topi (modificati per essere predisposti a sviluppare tumori del seno). Gli animali sono stati divisi in due gruppi: alcuni hanno ricevuto una dieta ricca di grassi, altri una povera. I primi hanno sviluppato un maggior numero di tumori che crescevano anche più velocemente rispetto a quelli che si osservavano nei secondi. Allora, i ricercatori hanno effettuato il cosiddetto trapianto fecale, trapiantando le feci dei topi del primo gruppo a quelli del secondo, notando che i topi nutriti con una dieta a basso contenuto di grassi, una volta ricevuto il microbiota del primo gruppo, hanno avuto un aumento dei casi di tumori del seno.
L’integratore di olio di pesce
In seguito, gli scienziati hanno condotto uno studio sulle donne con tumore, in attesa di operarsi. Per 2-4 settimane alcune hanno assunto un integratore a base di olio di pesce; altre, invece, un placebo. Durante l’intervento chirurgico, è stato prelevato del tessuto mammario, sia tumorale sia sano per poter analizzarne il microbiota. Quello che i ricercatori hanno osservato è che l’olio di pesce, anche se preso per poco tempo, era in grado di modificare le popolazioni di batteri presenti nel tessuto mammario. Precisamente, si è verificato un aumento di Lattobacilli, batteri che “in vitro” sembrano rallentare la crescita del tumore.

Basterebbe quindi un integratore?
“Ritengo di no”, spiega Anna Villarini, biologa e nutrizionista presso il dipartimento di Ricerca dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. “Un integratore non ha i poteri magici. Per migliorare il nostro microbiota intestinale e anche quello mammario, rivestono un ruolo fondamentale l’alimentazione sana e altri stili di vita, come un’attività fisica regolare e non fumare. I risultati dello studio mettono in luce l’importanza degli omega 3 (grassi insaturi) nella nostra dieta. I pesci grassi, infatti, sono l’alimento che contiene più omega 3, quelli di cui il nostro organismo ha bisogno maggiormente, cioè gli Epa e i Dha. Ma nella vita quotidiana, quindi non in uno studio controllato come quello appena visto, prima di ricorrere agli integratori, che dovrebbero essere assunti solo su prescrizione medica, è bene seguire una sana alimentazione”.
Cosa significa avere un buon microbiota?
“Innanzitutto – precisa Villarini – bisogna sapere che sono migliaia i microrganismi all’interno del nostro intestino, che appunto nel loro insieme vengono definiti microbiota. Sicuramente, ci sono dei ceppi batterici che hanno un effetto positivo, come i Lattobacilli e i Lattobifidi, ma non bisogna concentrarsi sul singolo ceppo perché quello che più è importante è l’equilibrio e la diversità. Inoltre, devono essere considerate tutte le variazioni da persona a persona. Possiamo immaginare il nostro microbiota come una sorta di impronta digitale – dice l’esperta – ma, a differenza di quest’ultima, si tratta di un’impronta che può essere modificata con l’alimentazione e gli stili di vita, ma nessuno di noi l’avrà perfettamente uguale a un altro individuo”.
Quali sono gli alimenti da preferire?
“Sicuramente il pesce, in modo particolare il pesce grasso cioè il pesce azzurro ricco di omega 3. Poi, tutti quei cibi ricchi di fibre, quindi cereali integrali come riso, orzo decorticato, miglio, quinoa, avena. Anche i legumi contribuiscono a migliorare il microbiota e, se non ben tollerati, possono essere consumati passati, cucinati come humus, o sotto forma di germogli perché in questo modo diventano più digeribili. Infine, un ruolo centrale lo ricoprono le verdure, mentre un po’ di meno la frutta che è più povera di fibre e più ricca di zuccheri semplici”.

Tra le verdure, è vero che i broccoli svolgono un’azione antitumorale?
“Sì, sono stati effettuati vari studi che sostengono come il consumo delle verdure crucifere, nelle quali rientra il broccolo o, in estate, la rucola e il ravanello, riducono il rischio di alcuni tipi di tumore, anche del tumore del seno. Ma in questo caso, i primi fattori che sono stati individuati come benefici non sono state le fibre in relazione al microbiota, bensì i numerosi fitocomposti che contengono”.

E lo yogurt?
“In realtà lo yogurt – sottolinea l’esperta – contiene solo due ceppi di batteri e se è presente lo zucchero o è dolcificato, per esempio con la frutta, se ne riducono le quantità. Diverso, invece, è lo yogurt bianco e naturale: in questo caso è presente una buona carica batterica, se non troppo vicino alla data di scadenza. Oggi – continua Villarini – si usa molto anche il kefir bianco che, rispetto allo yogurt, contiene molti tipi diversi di microrganismi. Per ripopolare il nostro intestino, infatti, il kefir è da preferire, purché anche il kefir sia da latte (non zuccherato) o da acqua o da bevande vegetali”.

I latticini, invece, sono da evitare?
“I latticini, come tutti gli alimenti che hanno un alto contenuto di grassi saturi, tendono a favorire uno stato infiammatorio cronico a seguito di un consumo frequente. Il loro consumo va quindi limitato così come quello delle carni rosse, nonché tutti gli alimenti che contengono troppi zuccheri aggiunti e cibi realizzati con cereali raffinati. La ricerca invita inoltre a evitare quanto più possibile le carni conservate, come i salumi e le carni in scatola, e le bevande zuccherate, fossero pure succhi di frutta”.
Per quanto riguarda i cibi a base di soia?
“I fitoestrogeni, sempre se assunti tramite alimenti che li contengono, come appunto la soia, sono utili sia per la prevenzione del tumore del seno sia dopo la diagnosi – specifica Villarini – ma è fondamentale ricordare che la soia deve essere un alimento tra tanti perché è bene ribadire che non è un singolo alimento a poter migliorare il rischio di sviluppare un tumore o uno stato patologico, ma l’alimentazione e gli stili di vita complessivamente”.
L’uso dei fermenti lattici è consigliato?
“Può essere utile, ma la cosa importante è evitare il fai-da-te. Anche i probiotici devono essere consigliati da un esperto. Per ora, la ricerca per poter individuare i più adatti per ogni singola persona, sulla base alla composizione del suo specifico microbiota, è ancora agli albori”.