Che cos’è la mastectomia preventiva (o profilattica)? Quando serve? È a pagamento? Ecco tutto quello che c’è da sapere sull’intervento di chirurgia di asportazione del seno per la prevenzione del tumore mammario.
La prima fu Angelina Jolie nel 2013 e, più di recente, è stata la modella italiana Bianca Balti. Due donne che, oltre alla condizione di VIP, condividono anche quella di “donne mutate” che hanno scelto di parlare al mondo di qualcosa che ancora troppo spesso è considerato un tabù: la decisione di asportare il seno per prevenire l’insorgenza di un tumore.
La mastectomia profilattica, o preventiva, non è una “bestialità”, come troppi in passato l’hanno appellata, ma un intervento chirurgico che potremmo definire salvavita. Attenzione, però: non è per tutte.
Per rispondere alle tante domande delle nostre lettrici e dei nostri lettori e chiarire i dubbi sulla ‘mastectomia profilattica’ abbiamo parlato con Viviana Galimberti, direttore della Divisione di senologia dell’Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano, e con Ornella Campanella, presidente dell’Associazione di pazienti aBRCAdabra.
Che cos’è la mastectomia profilattica o preventiva?
La mastectomia profilattica, spesso chiamata anche preventiva, è un intervento chirurgico che prevede l’asportazione di tutto il tessuto mammario, al fine di abbattere drasticamente il rischio di sviluppare un tumore al seno. È una mastectomia bilaterale perché l’intervento viene eseguito su entrambe le mammelle.
Per chi è adatta?
La mastectomia preventiva non è un intervento di routine né una possibilità che viene proposta “a cuor leggero”. Si tratta di un intervento a cui, secondo le linee guida italiane e internazionali, possono accedere persone che abbiano effettuato un test genetico e seguito un percorso di consulenza genetica (counselling) che hanno appurato la presenza di una mutazione che predispone all’aumento del rischio di malattia, sia che siano sane sia che abbiano già ricevuto una diagnosi di tumore.
“Una mastectomia profilattica non è un intervento che si esegue per una paura generica, non è nemmeno un escamotage per ‘rifarsi il seno bello’”, sottolinea Viviana Galimberti, direttore della Divisione di senologia dell’Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano. “Esistono precise condizioni e criteri per l’accesso”. Come spiega l’esperta, i fattori di rischio per il tumore al seno sono l’età e la familiarità con la malattia. Ci sono famiglie in cui tante persone hanno sviluppato questo e/o altri tipi di tumore, oppure donne che si ammalano giovanissime, anche molto prima dei 30 anni. Simili situazioni possono essere indagate più a fondo per verificare se ci sia un rischio genetico. “Solo il 5-6% delle donne che sviluppano un tumore al seno sono portatrici di una mutazione genetica predisponente. Sono quindi tumori rari, e il 60% di questi è dovuto a mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2”, precisa Galimberti. Le mutazioni genetiche in BRCA1 e BRCA2 aumentano la probabilità di sviluppare un tumore al seno nel corso della vita, con un rischio che può arrivare fino all’80%, e anche quella di sviluppare un carcinoma ovarico, con un rischio che varia dal 45 al 70%. “Oltre a questa categoria di persone, ci sono alcune rarissime eccezioni, quali donne con fortissima familiarità e donne che hanno avuto un linfoma in giovane età e sono state sottoposte a radioterapia. Queste pazienti sono considerate ad alto rischio di tumore mammario, equiparabile a quello delle donne con mutazioni BRCA”, precisa il medico. “In assenza di mutazioni e senza una consulenza genetica comprovante l’aumentato rischio di malattia, invece, l’intervento profilattico non è consigliato e non dovrebbe proprio essere possibile”.
“
In assenza di mutazioni e senza una consulenza genetica comprovante l’aumentato rischio di malattia l’intervento profilattico non è consigliato
”
Viviana Galimberti, direttore della Divisione di senologia dell’Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano
La mastectomia preventiva è l’unico percorso possibile per le donne con mutazioni BRCA1 e BRCA2?
Per le persone ad alto rischio, la mastectomia profilattica non è l’unica strada percorribile.
Esiste il sistema della sorveglianza attiva che prevede una maggiore frequenza dei controlli rispetto a quella consigliata alla popolazione generale, a cui si aggiungono ulteriori esami strumentali. Il percorso prevede ecografie ogni sei mesi, mammografie e risonanza magnetica mammaria annuali. Questi controlli iniziano anche prima dei 30 anni di età. Per contenere il rischio si consiglia uno stile di vita adeguato, cioè senza fumo e alcol, con una dieta equilibrata e l’esercizio fisico. Inoltre, “la sorveglianza attiva può essere accompagnata da terapie farmacologiche anti-estrogeniche, per esempio con tamoxifene a basse dosi”, aggiunge Galimberti. Questo approccio non può prevenire la comparsa eventuale di un tumore: non abbatte il rischio di malattia ma offre maggiori chance di diagnosi precoce.
La mastectomia profilattica, invece, eliminando il tessuto mammario abbatte in modo significativo il pericolo di sviluppare un tumore al seno. “Il rischio non è mai zero, ma le statistiche ci dicono che le donne mutate passano dall’80% al 2% di rischio”, precisa Galimberti.
“Dal momento che non esistono registri specifici, non sappiamo con esattezza quante persone in Italia siano consapevoli di essere portatrici di una mutazione BRCA, siano seguite nei centri di riferimento e quante abbiano intrapreso il percorso di sorveglianza attiva o di chirurgia profilattica”, aggiunge Ornella Campanella, presidente dell’associazione di pazienti aBRCAdabra. “Dall’esperienza che abbiamo maturato come associazione, posso dire che oggi le donne che scelgono la mastectomia profilattica sono molte di più rispetto al passato. Ciò che fa la differenza è la consapevolezza del rischio, l’età in cui si scopre di essere portatrici di una mutazione BRCA e le proprie progettualità, cioè se si desiderano dei figli e poterli allattare per esempio. Altri fattori che impattano molto sulla decisione della donna sono il peso della storia familiare di malattia e la capacità di gestire l’ansia di quello che definiamo “il tagliando semestrale”, ossia tutti gli esami di sorveglianza al seno, i controlli ginecologici, tra cui il dosaggio dei marker tumorali e l’ecografia transvaginale, e in alcuni casi selezionati anche al pancreas*. Spesso la scelta di optare per la mastectomia profilattica viene maturata nel tempo: le donne molto giovani iniziano con la sorveglianza semestrale per poi maturare la scelta della chirurgia preventiva. Una decisione personale che ogni donna si cuce addosso, proprio come un abito sartoriale”.
*le mutazioni BRCA aumentano il rischio di cancro alla mammella, all’ovaio e al pancreas nelle donne. Negli uomini, oltre che alla mammella e al pancreas, aumenta anche il rischio di cancro alla prostata, ndr.

“
Una decisione personale che ogni donna si cuce addosso, proprio come un abito sartoriale.
”
Ornella Campanella, presidente dell’Associazione di pazienti aBRCAdabra
A chi bisogna rivolgersi per fare l'intervento profilattico?
I centri multidisciplinari di senologia o Breast Unit sono le strutture più qualificate per analizzare le specifiche situazioni e accompagnare le persone nel percorso di consapevolezza che le porterà a scegliere la modalità più adatta alle loro esigenze per affrontare questo rischio. “Le Breast Unit sono i centri a cui rivolgersi”, sottolinea Galimberti. “Al loro interno lavorano insieme diverse figure professionali esperte, dal genetista all’oncologo al chirurgo senologo, dal chirurgo plastico allo psiconcologo – solo per citarne alcune. In queste strutture c’è l’esperienza necessaria per garantire il miglior trattamento possibile in base alle caratteristiche e specificità individuali”.
Fondamentale è anche il ruolo delle associazioni di pazienti, ad esempio aBRCAdabra Onlus. Nata come gruppo social per mettere in rete esperienze e condividere informazioni, oggi l’associazione è la realtà più attiva e numerosa nel supporto alle persone con mutazioni genetiche BRCA, sia sani che con diagnosi di tumore. Spiega Ornella Campanella: “Ci tengo a sottolineare che né le associazioni né i medici spingono le donne verso la mastectomia profilattica, che per tutti i cambiamenti che comporta è un intervento che cambia la vita e la persona. Ciò che facciamo è supportare chi si rivolge a noi nel percorso di comprensione del rischio, fornendo informazioni anche pratiche su come agire e a quali centri rivolgersi. Non basta avere in mano l’esito di un test genetico per maturare una decisione consapevole. Lo racconta proprio la storia di Bianca Balti, che prima di contattarci per un anno non ha saputo che fare del risultato del test genetico, pur vivendo negli Stati Uniti e avendo molte risorse a disposizione”.
Mastectomia preventiva e ricostruzione del seno, in che momento?
Per chi infine si sottopone all’intervento profilattico, la ricostruzione del seno avviene contestualmente alla mastectomia. “Va sottolineato, comunque, che gli interventi di mastectomia e di ricostruzione sono altamente personalizzati, per cui può esserci variabilità”, commenta Galimberti, che cita come variabili l’anatomia della persona, le scelte personali sul tipo di ricostruzione da effettuare, le esigenze chirurgiche, etc. “Tutto, comunque, è pensato per offrire il servizio migliore per la persona che si affida alle nostre cure”.
Quanto costa la mastectomia preventiva? E la ricostruzione del seno?
In Italia la mastectomia preventiva e la ricostruzione del seno non si pagano. Nei casi in cui ci sia evidenza di aumento del rischio di malattia e quindi sussista l’indicazione, il percorso delle pazienti può avvenire all’interno del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). In altre parole, le persone che ne hanno diritto non devono pagare di tasca propria le prestazioni, che si tratti del test genetico, del percorso di sorveglianza attiva (sebbene non tutte le Regioni abbiano deliberato apposite esenzioni) o della mastectomia profilattica con ricostruzione del seno.
Tuttavia, è importante precisare che la mastectomia profilattica non è inclusa nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) a livello nazionale, quindi non esistono dei DRG (Diagnosis Related Group) aggiornati per il rimborso delle spese all’azienda sanitaria che eroga il servizio. C’è una grossa variabilità regionale nei rimborsi, che in ogni caso non sono sufficienti a coprire i costi del percorso. Va però precisato che le spese non sono mai sostenute dalle pazienti ma dagli ospedali stessi che usano risorse magari destinate ad altro.
“Talvolta i rimborsi non coprono nemmeno il costo di una singola protesi”, commenta Galimberti. “Questo sta mettendo in grave difficoltà le Breast Unit in tutta Italia, che pure continuano ad assistere le persone che ne fanno richiesta senza farsi influenzare da questioni finanziarie, facendo le scelte migliori per le pazienti”.
Sulla questione a settembre 2022 c’è stato anche un intervento presso il Senato della Repubblica: ne avevamo parlato qui.
“L’inserimento della mastectomia profilattica nei LEA è una sfida culturale ardua, ma che bisogna affrontare”, aggiunge la dottoressa Campanella. “Le conseguenze dei rimborsi mancati o insufficienti si riflettono sui tempi di attesa delle donne portatrici della mutazione sane che hanno preso la decisione di ridurre drasticamente il loro rischio di malattia. Il periodo che intercorre tra la decisione della paziente e la disponibilità della struttura a effettuare l’intervento può avere ripercussioni psicologiche molto rilevanti: in questa condizione l’ansia che si sperimenta aspettando l’esito di ogni esame di controllo risulta amplificata, un peso come mai prima. E purtroppo, in alcuni casi, le conseguenze sono anche cliniche: c’è sempre la possibilità che nell’attesa dell’intervento profilattico una paziente finisca con lo sviluppare un tumore. Quando questa eventualità si verifica, il fallimento è totale. Dobbiamo lavorare perché queste situazioni non si possano più verificare”.
Qui il nostro approfondimento sul diritto delle donne alla ricostruzione mammaria

Con la mastectomia preventiva si elimina il rischio della comparsa del tumore mammario?
La mastectomia profilattica abbatte il rischio di sviluppare un tumore mammario nelle donne “mutate”, che passa dall’80% al 2%. Il rischio non è azzerato perché, per quanto esperti e competenti possano essere i chirurghi, è sempre possibile che alcune cellule di tessuto mammario rimangano. Per questo motivo le donne operate devono continuare a sottoporsi ai controlli senologici periodici previsti anche per le donne non mutate sane, salvo diverse indicazioni. Inoltre, a seconda della tipologia di intervento ricostruttivo, sono previsti esami di controllo delle protesi.