Prima di scegliere se e con chi operarsi, si guardano anche i risultati di altre operazioni e sui social pullulano le fotografie del ‘prima’ e del ‘dopo’ gli interventi di mastoplastica additiva. Oppure ci si immagina con un seno nuovo usando le App che si scaricano ovunque. Infine si parla molto di nuove taglie, di protesi, di tutto ciò che occorre al momento. Basta? Non proprio, per avere le idee chiare è bene considerare anche la ‘quarta dimensione’ ovvero il tempo, spesso trascurato nelle carrellate di immagini e perfino nel colloquio con i medici ma anche le migliori tecniche operatorie e le protesi più in voga vanno giudicate negli anni.
Ne hanno discusso gli specialisti in chirurgia plastica riuniti all’ultimo congresso nazionale Aicpe svolto recentemente a Firenze dove non sono mancate le informazioni utili anche per le pazienti.
Si parla tanto del ‘prima e dopo’ intervento e sui social, Instagram in testa, fioccano una pletora di foto ‘pre e post operazione’ dall’aria molto convincente ma bastano un paio di scatti che immortalano un momento per farci capire i reali risultati? Basta giocare con le App per immaginarsi con un bel seno o discutere di taglie e tecniche fra amiche o col chirurgo stesso per essere informate correttamente su come sarà il reale risultato?
Alla domanda che moltissime donne si pongono, hanno risposto autorevoli esperti riuniti a Firenze durante l’ottavo congresso nazionale dell’Associazione italiana di chirurgia plastica ed estetica (Aicpe).
“Le immagini ‘prima e dopo’ l’intervento, mostrate a distanza di poche settimane o di qualche mese, sono poco utili per valutare il risultato definitivo in quanto fotografano un risultato precoce e in un determinato momento, – ha affermato il chirurgo plastico Mario Pelle Ceravolo, specialista in Chirurgia Plastica presso l’Università di Rio de Janeiro ed allievo alla Clinica del guru Pitanguy. “Una protesi inserita in un corpo crea una reazione che, nel tempo, può cambiare completamente la forma e le caratteristiche del seno. I risultati di un intervento vanno, quindi, valutati nel tempo per capire quale tecnica e quale protesi permette di creare un risultato stabile “senza sorprese”. E il chirurgo dovrebbe illustrarle tutti i possibili cambiamenti che ogni tipo di protesi potrebbe presentare.
“Purtroppo, la maggior parte delle pazienti pensano solo al risultato immediato e non al domani. Sono preoccupate della taglia e non della durata nel tempo, – ha precisato Pelle Ceravolo. – L’organismo invece reagisce in maniera diversa ad ogni protesi e i risultati, brillanti nell’immediato, possono peggiorare nel tempo. Il risultato, immortalato magari in fotografie a distanza di pochi mesi dall’operazione, potrebbe risultare deviante qualora non si informino le pazienti su come quell’operazione potrebbe evolvere negli anni”.
Pelle Ceravolo, al congresso di Firenze, ha spiegato quanto l’elemento del tempo, la ‘quarta dimensione’, deve essere incluso dai ricercatori, dagli specialisti e dalle pazienti nel considerare, valutare e scegliere con maggior convinzione e certezze il tipo di operazione e le protesi affinché garantiscano risultati soddisfacenti nel lungo termine.
Ha spiegato Mario Pelle Ceravolo: “Non fidatevi delle foto del prima e del dopo. Chiedete di vedere i risultati ragionando anche a distanza di uno, due, cinque anni. Considerate che alcuni tipi di protesi sembrano più morbide e più naturali al tatto ma una volta inserite, possono essere troppo mobili e dislocarsi in basso o verso l’ascella in quanto non rimangono nella posizione in cui sono state collocate. Da questo punto di vista le uniche protesi che offrono la certezza di mantenere una determinata posizione sono le protesi al poliuretano in quanto aderiscono immediatamente ai tessuti circostanti”.
“Pensate al futuro. Una mastoplastica additiva è come un matrimonio: deve durare, se non per sempre, almeno per un lungo periodo, – ha concluso Pelle Ceravolo, – E attente agli interventi low cost, in special modo al turismo chirurgico in paesi che offrono prezzi da saldi. Chi si sottopone ad un intervento non può ragionare solo sui costi, ma deve pensare anche che la qualità, in tutti i campi, ha un prezzo. Un hamburger da Mc Donald costa certamente meno di una buona tagliatella al tartufo d’Alba. Alcuni interventi sembrano dare ottimi risultati nell’immediato, ma se dopo alcuni mesi il seno cambia forma, scende o si deforma, l’economia ottenuta si perde velocemente. Infine, è molto importante che l’intervento venga seguito nel tempo dal chirurgo che verifichi la corretta evoluzione del risultato e gli eventuali cambiamenti. Il tempo è un fattore fondamentale, non trascuratelo anche se siete giovani. Le protesi vi accompagneranno per tutta la vita”.
Le foto del prima e del dopo su Instagram lasciano il tempo che trovano anche per Adriano Santorelli, chirurgo plastico e relatore al congresso di Firenze. “I risultati vanno visti a distanza di qualche anno ed è il polo inferiore, ovvero il quadrante inferiore del seno, la parte che lo rende più bello e anche la più fragile. È infatti l’area più delicata e che, dopo la mastoplastica additiva, nel tempo inevitabilmente si modifica, mostrando maggiormente stati di ptosi e lassità, – ha spiegato alla platea di Firenze il chirurgo plastico Adriano Santorelli. “Dobbiamo considerare il fattore ‘tempo’ fin dal primo colloquio con le pazienti anche per farle riflettere nella valutazione della taglia richiesta. Protesi grandi, dalla quarta taglia ma anche dalla terza su pazienti minute, daranno più volume al seno ma anche un più rapido ed evidente calo del quadrante inferiore”.
Santorelli invita alla prudenza e a immaginarsi da qui a cinque o dieci anni e ricorda che la taglia delle protesi va valutata con il chirurgo in base alla propria altezza, peso e stile di vita. “Le taglie dipendono dall’altezza e dal peso della paziente quindi basandoci sulle proporzioni ma anche sulle proprie abitudini, – ha precisato lo specialista. -Chi tende ad ingrassare e dimagrire sarà più soggetta all’invecchiamento del quadrante inferiore, idem le ragazze giovani che ancora devono affrontare eventuale gravidanze. Si può essere più predittivi invece con le donne over 40 che già hanno avuto figli”.
“Grosse protesi, grossi problemi, – ha ricordato lo specialista invitando i colleghi a predire l’andamento del quadrante inferiore negli anni nella valutazione della paziente già dalla prima visita senza lasciare nulla di non detto. “Le protesi lisce danno un bel risultato immediato e sono più semplici da impiantare, – ha precisato l’esperto, – ma non aderiscono ai tessuti circostanti e quindi nel tempo gravano di più nel polo inferiore. Ci sono invece altre protesi, come quelle al poliuretano, che si integrano totalmente nel tessuto circostante e restano più stabili negli anni senza scendere verso il basso”.
Il seno cambia col tempo, idem gli effetti della ricostruzione: “L’evoluzione degli impianti mammari è tema fondante della chirurgia ricostruttiva per le donne che hanno subito una mastectomia, – ha spiegato Barbara Cagli, Chirurgo Plastico, Ricostruttivo ed Estetico referente della Breast-Unit del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma al congresso. – Negli ultimi anni l’attenzione è stata focalizzata sul linfoma anaplastico a grandi cellule, malattia senza dubbio importante ma estremamente rara, trascurando invece un tema fondamentale quale l’importanza di una corretta informazione riguardo l’utilizzo degli impianti mammari e le diverse tecniche ricostruttive per le nostre pazienti”.
Ha precisato Cagli: “Oltre a informare le pazienti sul rischio estremamente basso ma presente del BIA-ALCL, che il nostro Ministero della salute valuta in 4 casi ogni 100.000 pazienti con protesi rispetto ad esempio ad una ogni 8 che si ammala di tumore della mammella, è importante spiegare alle donne le diverse caratteristiche degli impianti disponibili in commercio per poter consentire loro di fare una scelta consapevole sia nella chirurgia ricostruttiva che estetica della mammella.
Negli ultimi anni sta passando un messaggio non corretto secondo il quale l’impianto a superficie liscia è il migliore ma questo per la chirurgia ricostruttiva ed alcuni casi di chirurgia estetica non è purtroppo vero. Ricordiamoci che gli impianti “rugosi” sono nati tantissimi anni fa per contrastare le complicanze, in particolare la contrattura capsulare ancora oggi vero nemico dei dispositivi protesici. Sono fermamente convinta che tutti gli impianti, dai lisci ai rugosi microtesturizzati a quelli rivestiti di schiuma di poliuretano, siano fondamentali per noi chirurghi plastici, non esiste l’impianto migliore ma quello giusto per le nostre singole e differenti pazienti”.
In un sondaggio condotto da Mani sul Cuore questo inverno e svolto in 43 cliniche di chirurgia estetica della penisola, sono state sondate le richieste, le riflessioni ed i dubbi che le pazienti rivolgono ai loro specialisti quando decidono di rifarsi il seno. Cosa chiedono?
Si sente spesso dire che i massaggi al seno fanno bene. E che, soprattutto dopo un intervento di mastoplastica additiva, possono essere utili per ammorbidire la zona e ridurre il gonfiore.
Si dice anche che un massaggio costante prevenga la contrattura capsulare intorno alle protesi e che il massaggio linfodrenante possa fare bene dopo la mastectomia o la ricostruzione mammaria. È vero? Non sempre.
Chiariscono tutti i dubbi Barbara Cagli, chirurgo plastico del Policlinico universitario Campus Biomedico di Roma e Maria Claudia Simoncini, coordinatore fisioterapista presso l’Istituto Europeo Oncologico di Milano.
Ricostruzione mammaria: le tecniche operatorie migliori per tutte le tipologie di seno, dal piccolo all’abbondante, con poco o con molto grasso. Infine come ridurre i possibili fastidi che la radioterapia può provocare quando si hanno le protesi. Le novità mondiali dal recente oncoplastic breast meeting, diretto da Maurizio Nava e svolto il dicembre scorso a Milano.
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